
Il tema che Coroi ha posto e sul quale Salvatore ci ha chiamati a discutere può essere inteso a seconda delle interpretazioni.
Prima interpretazione, la più immediata: esistono carpisti di serie A e di serie B? Mia risposta: certo che esistono, anzi ce ne sono anche di serie C e di promozione, ma non nel senso che questi pescano nei laghetti a pagamento e gli altri invece sfidano gli déi delle acque libere. Su questo piano non esistono differenze, chi sta pescando in un lago fips dietro casa è carpista tanto quanto il nostro amico Davide di Parma che sta andando a farsi da solo le poste in Po, per poi prenderci delle carpe stupende. Nessun equivoco su questo.
Allora dove stanno le serie A e B? Nello spirito. Va bene pescare in laghi a pago, ma se i nostri orizzonti si fermano lì il nostro carpfishing è carpfishing a metà. Se non sentiamo la voglia di mollare le ancore della sicurezza per sfidare il poco conosciuto, l'incerto, il faticoso, dove una, forse una sola carpa ci aspetta nascosta sotto un albero caduto, non ce la siamo giocata tutta. E quindi siamo sì carpisti, ma e come se fossimo incompleti.
E che c'è di male in questo? Nulla, se non che il carpista che spende la gran parte delle sue giornate di pesca in cava (la grande maggioranza, anche fra noi; me compreso fino a pochi mesi fa) è possibile che cerchi di applicare gli stessi approcci quando passa all'acqua libera. Quali approcci? In cava si è informato e gli hanno detto o ha letto: pesca così e non così, qui e non là, con queste boiles e non con quelle, pastura tanto qui e poco là. Librettino di istruzioni diligentemente studiato ed applicato. Scopre un laghetto, una riva sul fiume, e vi trasferisce le esperienze che ha fatto in cava, tanto per cominciare tira fuori le sue canne e pesca, pastura e pesca senza chiedersi troppo cosa sta facendo, oppure se lo chiede ma annaspa nelle risposte. Ed il posto ne può risentire, al limite venire distrutto in poco tempo senza nemmeno che il povero carpista ne sia cosciente. Invece bisognerebbe girare intorno al posto, fermarsi un pò per capire che attività c'è, stare a guardare, tornare un'altra volta, sondare, fare plumbing, portarci qualcuno per condividere, preparare e poi forse pescare. A me tutto ciò diverte quasi come il pescare vero e proprio, tanto che se dopo tutti questi sforzi faccio cappotti catastrofici non me la prendo, ma se invece s'è una partenza, una sola, faccio salti di gioia e l'adrenalina la sento per davvero.
Esistono eccome se esistono, carpisti che privilegiano l'avventura e la ricerca ed altri che privilegiano la cattura e la foto. E' come per esempio nell'alpinismo, ci sono quelli che si ammassano sulle vie di salita normali per fare la foto accanto alla bandierina di vetta ed altri che tentano le pareti difficili e poco o nulla esplorate; i primi a meno di imprevisti arrivano alla meta, i secondi corrono il rischio di fare quasi certamente marcia indietro. E non c'entrano il tempo a disposizione o la tecnica, qui è questione di obiettivi diversi, entrambe da rispettare ma diversi; non è certamente il caso di far nascere conflitti e discriminazioni da queste divergenze, ma chiamiamo le cose col loro nome, uno è carpfishing in laghetto a pagamento, l'altro è l'avventura carpfishing. Quando si passa dal primo al secondo senza cambiare atteggiamento innanzitutto mentale, poi anche tecnico etc., si rischia di fare dei danni.
Chiudo cercando di rispondere a Max:
Quello su cui non concordo è che un carpista che frequenti soprattutto acque a pagamento non abbia lo spirito giusto ed i metodi adeguati
Certo Max, ha lo spirito giusto. Quello per pescare nelle acque a pagamento. Se passa all'acqua libera e vuole 1) prendere pesci e 2) non far danni deve cambiare questo spirito. Tanti sanno farlo (e poi tornano nel laghetto a pagamento per un pò di relax con gli amici, io lo chiamo "sgranchirsi le gambe"), tanti no. Il problema sono questi ultimi. Scusatemi la franchezza, io sono tecnicamente una scarpa ma per il resto la penso così.